Don Perelli

Quando presi servizio a Bondeno lui era insegnante di Religione al liceo; in occasione del cinquantenario Davide Tartari suo e mio allievo ha pubblicato un ricordo:

Don Guglielmo Perelli La storia con lui era già iniziata da tempo. Era il parroco a Burana; e di calci nel sedere e scoppole ne avevo già prese parecchie, ben prima del Liceo. Tutti benevoli; e tutti meritati, anche se non ne ricordo i motivi. E sempre nascosti alla famiglia; perché altrimenti ne avrei presi altrettanti; e certamente molto meno indulgenti. Me lo ritrovai docente di Religione al Liceo. Di lui come docente ricordo l’anno speso a leggere e meditare un libro pochissimo conosciuto dell’Antico Testamento: il libro di Qohèlet, l’Ecclesiaste. Non ricordo un’attenzione o un interesse evidente; né la passione per la lettura e le scarne riflessioni, nelle poche ore di lezione che gli dedicammo. Gli interessi erano altri, in quei tempi. D’altra parte “… c’è un tempo per demolire e un tempo per costruire, un tempo per piangere, e un tempo per ridere, per gettare sassi e per raccoglierli, per tacere e per parlare… “ (Qohelet, 3.3-7) Ma me lo sono riletto molte volte negli anni che sono venuti poi. Aveva l’indice e il medio sempre tinti di nicotina, da accanito fumatore; forse, l’unico vizio che gli possa riconoscere; di altri non ricordo; o nessuno. Un omone alto, massiccio, certamente sovrappeso. Non lo ricordo in classe con la veste talare, ma vestiva sempre con la giacca, non vistosa, semplice; spesso non accoppiata ai pantaloni. Non ricordo se avesse sempre il collarino da prete, l’unico particolare che lo distingueva dagli altri professori. Ci hai poi anche sposato, me e la Paola, un mattino di Ottobre, 4 anni dopo la Maturità. A Quacchio, dove lo avevano trasferito come parroco, dopo i tanti anni spesi al paese, e con grande rammarico di tutti là. Grazie Don Guglielmo. Riposa in pace.

2 pensieri riguardo “Don Perelli

  1. Durante un’ora di religione in compresenza con alcune ragazze e ragazzi di una classe inferiore, Don Guglielmo se ne uscì con una frase che è entrata nella storia.
    Nel corso della sue lezioni, come accadeva con altri insegnanti, non si rimaneva seduti “al posto”, ma ci si radunava con le sedie intorno alla cattedra. Un’amica della classe ospite scelse di accostarsi al lato sinistro del Don, rimanendo in piedi ma curva con i gomiti appoggiati al piano della cattedra stessa, sul quale il parroco aveva aperto e leggeva “Lotta Continua”. Quella figura un po’ incombente deve averlo irritato parecchio perché dopo alcune occhiatacce andate a vuoto, sbottò apostrofando la sventurata con l’imperituro: “tirt in là, putìna taclènta!”.
    Andrea Guerzoni

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