Nanni Svampa

in milanese

Infanzia

Il padre di Nanni Svampa, Napoleone detto Nino (19051973), era originario di Cannobio (VB), e lavorava a Milano come ragioniere presso l’impresa di costruzioni del suocero[2]. Nanni Svampa nacque nel 1938 a Porta Venezia (per la precisione in via Ponchielli 5[3]), uno degli antichi ingressi della Milano medievale ancora esistenti. Era zona popolare, abitata da operai e impiegati, che vivevano a continuo contatto nelle case di ringhiera, abitazioni che si affacciavano su un cortile comune e in comune dividevano anche la vita quotidiana. Questa formazione popolana verrà rafforzata dallo scoppio del conflitto: tuttavia in casa Svampa si parla solo italiano, per esplìcita volontà dei genitori di Nanni[4].

Trasferitosi come sfollato con la madre prima a Sangiano e poi a Porto Valtravaglia, in provincia di Varese, sulle sponde del Lago Maggiore, crebbe in un mondo ancora rurale e provinciale, che molto influirà sul suo futuro artistico.

Studi e scoperte musicali

Dopo la maturità scientifica, Svampa, consigliato e convinto dal padre, si iscrisse alla Bocconi e si laureò in Economia e commercio. L’esperienza maturata nella ricerca di un primo impiego, confacente alle volontà paterne, gli ispirò la canzone Io vado in banca (portata poi al successo nella cabarettìstica interpretazione de I Gufi).

Durante il periodo universitario, nel 1959, si avvicinò al mondo musicale, fondando e partecipando come voce e chitarra nel complesso: I soliti Idioti. La natura goliardica delle prime avventure sul palco subì un arresto nel 1960, quando Svampa iniziò ad ascoltare e ad apprezzare le interpretazioni di Georges Brassens. Nel 1961, arruolato nel servizio di leva, con il tempo a disposizione, iniziò a tradurre Brassens, dal francese al dialetto milanese. Questo esercizio continuo di apprendimento delle espressioni dialettali, lo avvicinerà molto alle canzoni popolari e alle tradizioni musicali lombarde.

Dopo lo scioglimento dei Gufi, Nanni Svampa continuò la collaborazione con Patruno, incentrando la sua attività negli spettacoli teatrali, quali Addio Tabarin e Un giorno dopo l’altro, e soprattutto nella creazione di un’antologia delle canzoni popolari milanesi.

Suddivise in dodici volumi, Milanese – Antologia della canzone lombarda, rappresenta una delle maggiori collezioni di studio e ricerca sulla storia musicale e dialettale della città.

Parallelamente non cessò il suo interesse verso Brassens, del quale continuerà a curare le traduzioni, sia in italiano sia in milanese, delle sue canzoni.

Morì a Varese il 26 agosto 2017 all’età di 79 anni. Era malato da tempo.[5]

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