Fotocronache 2

Qui abbiamo l’effetto contrario al precedente:

Una foto recente, dai giardini della “Carlotta” che mostra una sopraelevazione (quella in arancio) che sorge su un pre-esistente terrazzino dove d’estate io andavo a lezione per preparare l’esame di ammissione alle medie.

Memorie di stagione

A quelli che vogliono togliere la pensione a chi vive solo di quella, a quelli che vogliono togliere anche il voto agli anziani diciamo: portate pazienza!

Festa della Torre

Festa della Torre
Foto di Donato Grechi dalla pubblicazione “Bondeno e dintorni”

Quella che vedete è la sala da ballo che si apriva alla fine della galleria Grandi (di fianco al cinema-teatro omonimo; la Festa della Torre era organizzata dagli studenti universitari di Bondeno, di solito l’8 dicembre.

Questa è l’edizione del 1966 ed era di rigore l’abito di gala (che io comprai da Smolari per l’edizione 1968) e finiva a notte inoltrata, quando ancora la discoteca non esisteva.

Notate l’arredamento spartano (le seggiole sono quelle che ci ritrovammo poi in Radio negli anni ’80) e i murales che citavano località esotiche.

Ricordo che proprio l’8 dicembre del 1968 la TV aveva dato notizie della contestazione studentesca alla prima della Scala a Milano con i tradizionali lanci di uova sulle pellicce delle signore…

 

 

 

Ti racconto di noi

marchetti

IL MIO PRIMO VERO APPROCCIO ETNICO
Era ormai giunto il 1996, in quel di Parma, arrivato da Piacenza un anno prima, per una necessità aziendale che mi permise di vivere in pieno centro città. Vivevo in una villa a più piani, ricercata presso un’agenzia immobiliare che, appresi solo dopo, portava nella sua pubblicità il detto “solo abitazioni di prestigio”.
In effetti il proprietario dell’immobile, noto industriale della città, conosciuto per stretti rapporti di lavoro con l’azienda per cui lavoravo, mi aveva indirizzato alla moglie. Questa, una vecchia o aristocratica signora, apparentemente poco nobile ma legata al denaro, fece mari e monti e convinse il mio capo del personale ad accettare quell’affitto, che già allora ritenevo scandaloso, ma tanti che sembrava essere una delle poche decenti opportunità offerte in quella bella città, in quel periodo, salvo adattarsi in locali periferici ed indecorosi. Quella casa con parco, in pieno centro città, era cosi allettante che accettai volentieri.
Un bel giorno l’anziana proprietaria mi avvisa per telefono che nella mansarda al piano più alto, sarebbe giunta una giovane coppia di nigeriani, con un figlioletto nato da pochi mesi. Mi sentii tranquillo solo perché tra la mansarda ed il nostro appartamento viveva una copia di giovani ingegneri belgi, poco rumorosi, e quindi avrebbero attutito eventuali rumori provenienti dalla parte superiore. Conoscemmo presto quella etnica famigliola nigeriana, sembravano gente benestante, lui con grosse catene d’oro al collo e lei vistosi anelli a bracciali ed un bellissimo bambino di pochi mesi. Quella famiglia ci dava l’idea di un certo benessere che ci tranquillizzò, fino al primo giorno in cui, portando la spazzatura lungo le scale, persero la nostra fiducia lasciandosi un percorso di grasso ed unto che ne individuava la provenienza. Quelle gocce di grasso si infiltrarono rovinando immediatamente quel bel marmo di granito che ricopriva tutta la parte comune.
Dopo qualche settimana però cominciammo a notare un andirivieni di belle e giovani ragazze, che salivano furtivamente verso la mansarda che diventò a breve un punto di raccolta di queste giovani ragazze – ne stimammo circa una ventina – che partivano verso sera per la stazione e ritornavano nella abitazione di primo mattino, appena dopo le 5 o le 6. Fu semplice comprendere sia il ruolo della coppia, soprattutto della corpulenta signora e il lavoro delle giovani ragazze, che però tollerammo in quanto non ci arrecavano nessuna molestia e rimanevano sempre molto riservate. Finché una domenica mattina, dopo qualche settimana di convivenza apparentemente tranquilla, una voce urlata ci arrivò dalla , mansarda, a cui seguì il sovrapporsi di altra voce, in un crescendo « che in breve degenerò in urla che si sovrapponevano tra loro, finché  una delle due voci mutò in un suono gutturale strozzato, proprio
mentre la scena pareva spostarsi dalla mansarda verso le scale.  Noi inquilini, poco avvezzi alle grida ed ai litigi, uscimmo di : casa rimanendo basiti dalla quella deplorevole scena di due donne, j urlanti a squarciagola, che ruzzolavano per le scale, una trattenuta  per il collo dall’altra, che seppur senz’aria, emetteva un suono strozzato spaventoso. Rientrato nell’abitazione, ovviamente scosso ed  impressionato nel timore che lo scontro sfociasse in un omicidio,

C’era una volta…

Lo IAL

PRINCIPALI CONTENUTI DEL CORSO
• corso di inglese (livello intermedio): al termine del percorso gli allievi saranno in grado di intrattenere relazioni, scrivere, ascoltare e leggere in inglese ad un livello di complessità medio;
• corso di informatica (office avanzato): al termine del percorso gli allievi saranno in grado di produrre documenti di word e di excel utilizzando tutte le funzioni messe a disposizione dal programma e saranno in grado di produrre un data base con il Programma Access;
• corso di saldatura a filo ed a elettrodo: al termine del percorso gli allievi saranno in grado di utilizzare tecniche per la saldatura di lamiere e tubi e di utilizzare le principali tecniche di saldatura a filo e ad elettrodo;
DURATA
• corso di inglese (livello intermedio): 40 ore (di cui 10 di project work)
• corso di informatica (office avanzato): 40 ore (di cui 10 di project work)
• corso di saldatura a filo ed a elettrodo: 40 ore
SEDE DEL CORSO
IAL ER Agenzia di Bondeno, via per Zerbinate 31 – Bondeno (FE).
PERIODO ottobre 2006 – giugno 2007
II corso è gratuito

C’era una volta…

Il Centro Fiera
Inaugura VENERDÌ 10 MARZO alle ore 11,00 alla presenza dell’ Assessore Provinciale DAVIDE NARDINI e del Sindaco di Bondeno DAVIDE VERRI, BOTANICA & BRICOLAGE, mostra mercato di prodotti per orti e giardini, arredo per esterni, bricolage e decorazioni.
La manifestazione, che nasce come naturale risposta al crescente desiderio di vita in campagna, sarà aperta dalla Conferenza organizzata dall’Assessorato all’Agricoltura della Provincia di Ferrara sul tema della forestazione delle aree pubbliche, con particolare riferimento al progetto per un bosco golenale sul Panare nel territorio di Bondeno.
Un progetto che intende stimolare (ampliamento delle aree alberate con la valorizzazione delle piante autoctone nel verde pubblico ed in quello privato. A tale scopo, al termine della Conferenza, la Provincia di Ferrara offrirà gratuitamente ai visitatori piantine di alberi ed arbusti tipici del nostro territorio.
Con questo appuntamento inaugurale e con il ricco programma di presentazioni, conferenze e dimostrazioni, BOTANICA & BRICOLAGE (aperta al pubblico con ingresso gratuito da Venerdì 10 a Domenica 12 marzo presso il Centro Fiere in Viale Matteotti a Bondeno) vuole porsi come momento di incontro e formazione su alcune tematiche, normalmente non associate in un’unica fiera, quali:
Florovivaismo e orto-frutticoltura amatoriale con una grande esposizione di piante e fiori, presentati in scenografici orti-giardino. La vendita di sementi, bulbi, fiori e piante da frutto ed i consigli dagli esperti per la realizzazione e la cura del giardino e dell’orto.
Bricolage e fai da te creativo, per abbellire la casa e gli spazi all’aria aperta, con un’ ampia area dedicata ai materiali necessari per realizzare e ristrutturare il giardino ed il cortile (dalle pavimentazioni agli intonaci, dai cancelli ai marmi, alle recinzioni, legname e molte novità).
Vasta esposizione di arredi e complementi per (esterno, attrezzature, ma anche sistemi di irrigazione, illuminazione e macchine da giardino, piscine, idromassaggi, barbecue, casette in legno, gazebo e tanto altro.
BOTANICA & BRICOLAGE può contare sul Patrocinio della Provincia di Ferrara e del Comune di Bondeno, oltre alla collaborazione Istituto Tecnico Agrario F.lli Navarra di Ferrara e dell’istituto Agrario Bellini di Trecenta (RO) e sarà aperta con orario continuato dalle ore 10,00 alle 19,00
Postato il Mercoledì, 08 marzo 2006

Scciancalegn

Attività che continuano…
Data: Mercoledì, 25 giugno 2003 alle 20:45:48 CEST Argomento: Lavoro
“Un anno dopo l’altro, arrivano centenari!”. L’Osteria Scciancalegn festeggiai suoi primi 100 anni…
L’Osteria Scciancalegn di Bondeno è lieta di annunciare il suo secolo di presenza in questo territorio.
Fu fondata nel 1903 da Cesare Fortini.
Si narra che costui era talmente povero da meritarsi il nomignolo di
“Scciancalegn” che in ferrarese vuole appunto dire spaccalegna. Non faceva il
tagliaboschi, ma proprio il lavoro di rompere la legna grossa per trame gli ‘stic
dal fog’, i pezzi piccoli per accendere il fuoco.
Era talmente intraprendente che nel 1903 con sua moglie Adalgisa, buona donna ma un po’ “misteriosa”, decise di tentare il grande passo e aprì una bottega con annessa l’osteria, poco lontano da dove abitavano con la figlioletta adottiva Maria, sempre sulla strada che va da Ferrara a Mantova.
Forse perché era l’unico posto di ristoro, forse perché il vino era buono, l’osteria era frequentatissima, soprattutto d’inverno, quando i contadini erano fermi con i lavori e stavano tutto il giorno a giocare a carte e a bere vino.
Raccontava Ada, la figlia nata nel 1904 e cresciuta proprio in osteria, che il babbo faceva arrivare una cisterna da 4000 litri di vino e con un tubo lo travasava nelle botti in cantina senza perderne neanche una goccia. Già, perché allora gli uomini bevevano davvero tanto! Basti pensare che un giorno, nella sala grande, alcune persone sedute ad un tavolo da quattro si sono bevute addirittura 27 litri di vino!
In un’altra occasione, alcuni mercanti di pesce – che tornavano dal mare con il carro pieno della pregiata mercé – si sono fermati, ed hanno cominciato a bere e il giorno dopo hanno dovuto buttare il carico ormai deteriorato, tornando al mare a prenderne dell’altro…
Poi vennero i tempi delle guerre.
Delle quali raccontava Maria, che vedeva passare i soldatini con la tracolla di
traverso davanti all’Osteria: era la grande guerra del 1915 -’18.
Nel 1944 l’osteria diventò un insediamento dei tedeschi. Il babbo Cesare Fortini era, purtroppo o per fortuna sua, già morto nel 1919 e non vide questa invasione.
La mamma Adalgisa, le figlie (che nel frattempo erano diventate tre) Maria,
Elodia e Ada con il marito Ferruccio Caselli, sopportarono i tedeschi e aiutarono per quanto poterono i vicini che vivevano la miseria della fame.
Per fortuna il dopoguerra e la ricostruzione portarono nuova linfa e l’Osteria
tornò a vivere momenti di gloria negli anni ’50. Si beveva, si suonava, si ballava e si lavorava tanto. La mamma morì, rimasero a gestire Scciancalegn Ada, Maria, Ferruccio con la figlia adottiva Fiorella, che però se ne andò presto via perché appunto la vita era comunque molto dura.
Era una osteria tipica, con l’annessa bottega, l’affettatrice del locale aveva sopra sempre la mortadella perché il prosciutto era troppo caro, eppoi c’erano le spagnolette e gli elastici nel cassetto della scansia di fianco a quello che
conteneva la pasta Barilla… Così fu per trent’anni.
Poi vennero i tempi moderni.
Ada e Maria erano diventate anziane, i supermercati soppiantavano un po’
ovunque le vecchie botteghe, i vecchi contadini non c’erano più, e i giovani
chiedevano “Ceres”, gin tonic e locali brillanti.
Nel 1985 Antonella, la nipote di Elodia, impiegò lunghi mesi per convincere
l’ottantenne prozia Ada a cederle la gestione dell’Osteria. Ma ci riuscì, e vennero rinnovati i locali, con la novantenne Maria che si lamentava perché non voleva che fossero cambiati i pavimenti o ridipinte le imposte (“al mond muderan! Acciabò!”, pare sia stato un suo commento…).
Il 28 luglio 1985 Antonella e suo marito Denny aprirono le porte della “nuova”
Osteria Scciancalegn.
Il mondo moderno però non ha intaccato la memoria e l’atmosfera che si respira anche oggi in questo luogo, memoria ed atmosfera che sono ancora quelle delle osterie di allora, alle quali sono legate le persone e le idee che fanno la vita e la storia di un paese.

La Camargue estense

Il Barchessone Vecchio è uno dei rari storici ed atipici edifici
agricoli delle valli mirandolesi (nel bacino della Bonifica di Burana)
situato nelle campagne a sud della frazione di San Martino Spino, in
provincia di Modena, posto fra le due frazioni denominate
“Gavello”(modenese e ferrarese) che ricordano il corso di un’antico
fiume che sfociava nelle “valli di Burana”. La struttura venne
realizzata nel XIX secolo per l’allevamento dei cavalli e dispone di
un’insolita pianta poligonale con 16 lati (esadecagono), atipica per
questa zona rurale, e l’abitazione al piano superiore, unica nella serie
di barchessoni presenti intorno. Grazie all’abbondanza di zone umide e
prati naturali, la zona di queste valli era nota da tempi immemorabili
per l’allevamento di cavalli di razze pregiate: infatti, un documento
storico attesta che il 7 luglio 1461 il duca di Ferrara Borso d’Este si
recò proprio a San Martino Spino per acquistare un puledro di razza. Gli
allevamenti di queste pregiate razze equine furono gestiti dai Pico,
signori della Mirandola, fino alla loro decaduta nel 1711 e in seguito
dai duchi Estensi di Modena, che la diedero in gestione ai marchesi
Menafoglio, ricca ed a noi molto nota famiglia di proprietari terrieri
in quanto allora titolare di diversi possedimenti agricoli anche nel
bondenese. In seguito all’Unità d’Italia, nel 1860 la tenuta di 671
ettari passò nel demanio del Regno d’Italia e con regio decreto del 19
aprile 1883 fu istituito il 5° Centro di Allevamento Quadrupedi nella
tenuta di Portovecchio, che fu molto importante soprattutto per
rifornire i fronti della prima guerra mondiale con i propri cavalli e
muli. Con l’avvento della motorizzazione, il Centro rifornimento
quadrupedi di San Martino venne chiuso nel 1954 e l’edificio venne
abbandonato, unitamente alle strutture militari circostanti.  Negli anni
1997-1998 l’edificio è stato recuperato e completamente restaurato, al
piano terra è stata realizzata una sala per conferenze, eventi e mostre,
mentre al piano superiore ha trovato sede il centro di educazione
ambientale “La Raganella”. In seguito al disastroso sisma del 2012 il
Barchessone Vecchio è stato gravemente lesionato ed è tuttora inagibile.
Il Barchessone Vecchio viene definito anche come la “basilica delle
valli mirandolesi”, per la sua somiglianza con le antiche chiese
paleocristiane. Nelle valli mirandolesi, a due passi dal nostro Gavello,
subito dopo “la Luia”, furono quindi realizzati per l’alimentazione di
cavalli allo stato brado numerosi barchessoni, ognuno dei quali
contraddistinto dal toponimo locale: Barbiere(il secondo più noto),
Portovecchio (del 1892) e Fieniletto, mentre i barchessoni Cappello,
Pascolo e Casalvecchio furono distrutti alla fine degli anni 1950
rispettivamente per incuria e da due incendi. L’ultima foto evidenzia
quanto ancora oggi “I Barchessoni” identifichino e facciano da traino
per i magnifici prodotti del nostro territorio essendo stampati in bella
evidenza sulle cassette di meloni e cocomeri esportati in tutta
Europa(in questo caso sul Lago Maggiore al confine con la Svizzera).

Lorenzo Berlato

L’importanza di chiamarsi Ernesto

L’importanza di chiamarsi Emesto è alla terza ripresa di spettacolo. E’ in scena ininterrottamente dal 2001. I cast che si sono succeduti negli anni sono tre. La regia è sempre firmata Lorenzo Guandalini.
Le prossime date:
16 febbraio – ore 21.15 – Teatro Soldini – Ferrara
24 febbraio – ore 21.15 – Teatro Argentina – Bondeno ( fe )
26 febbraio – ore 16 e ore 21.00 – Palauditorium – Bologna
Sullo spettacolo
“A trivial comedy for serious people"ovvero ” una commedia frivola per
persone serie “ è il sottotitolo originale che ne rispecchia in tutto e
per tutto il contenuto. Descrivere la trama è alquanto
difficile…l’ambiente è quello della borghesia inglese, dove di consumano
parallelemente varie storie d’amore alla Giulietta e Romeo, però al
contrario e cioè se i romantici giovani amanti di Shakespeare si domandano
in fondo ‘Che cosa è un nome’, i protagonisti di Wilde ne fanno una
questione di assoluta importanza, le innamorate di Wilde vogliono sposare
un nome ( si badi bene…non un cognome!), e i loro corteggiatori
dovranno, forse, farsi ribattezzare. Personaggio straordinario e basilare
sarà la presenza di Lady Bracknel, che scarta addirittura un pretendente
della figlia in base al fatto che nonostante sia ricco, solido, un
brav’uomo, abbia una casa in città e una in campagna, non ha un
nome…dunque non esiste! Piena di colpi di scena la commedia è di genere
comico brillante, sottile e intelligente, un modo allegro per riflettere
sulla vecchia borghesia inglese, e sulla società del nostro tempo. Da
vedere anche per la cura simbolica utilizzata per le scenografie e gli
stravaganti costumi indossati dai personaggi.
Note di Regia
Come presentare un lavoro che ha più di cent’anni, che è già stato rappresentato in mille versioni? Come descrivere la vicenda di Ernesto/Onesto/Jack/John Worthing ?
Ho cercato di far risaltare il più possibile il gioco di parole tra Ernesto ed Onesto, che in Inglese, la lingua di Wilde, hanno la stesso vocabolo che le indica: Earnest. E’ questo gioco di parole, da pesarsi con accortezza spesso interpretando pedissequamente l’etimologia stessa della parola, assieme ad una impietosa e sarcastica critica sulla società (non necessariamente quella di fine ottocento) e sull’ipocrisia che la impregna, la vera chiave di lettura di questo lavoro, in cui, spero di aver "estratto” qualcosa in più dagli elementi umani che ne compongono il cast. A loro, in un vero e proprio pressing sotto forma di mini corso intensivo, ho iniettato a massicce dosi il mio amore per il teatro, quello che conoscevo di tecnica recitativa, la mania per i dettagli, le sfumature, i giochi di parole . Ecco! Questo è quello che ho cercato di fare lavorando a questo testo, convinto come sono, che Wilde stesso volesse, attraverso questa commedia che gli costò molte delle sue sventure, far cogliere ad una certa borghesia piena di preconcetti, di “pose”, di squallida superficialità e di egoismo i propri errori. Ci è riuscito?
Ma ci ha comunque lasciato un mirabile esempio di satira sottile, pungente, che vi invito a cogliere attraverso i tre atti di “Ernesto” (così come l’abbiamo ribattezzata noi). E’ la stessa partitura che l’autore aveva predisposto, ho voluto lasciarli intonsi, fregandomene di una moda corrente che vuole le commedie divise in due parti per la pausa sigaretta nel mezzo, con relativo “angolo tagliaecuci” annesso. . Ah: ho anche recuperato “l’episodio Gribsby”, scena della commedia quasi mai rappresentata che lo stesso Wilde aveva messo come appendice, collocandola proprio dove il copione indicava; è un omaggio . forse al fatto che in quel carcere di Holloway della periferia di Londra, Wilde stesso si troverà rinchiuso per le sue vicende giudiziarie . Chiedendo umilmente scusa ai puristi, a chi ne sa più di me ( o crede questo ). a chi si possa sentire offeso da qualsiasicosa . ma (citando l’autore ) “non ho null’altro da dichiarare . se non il mio genio.” Lorenzo Guandalini:
Oscar Wilde ( da fonte Wikipedia web )
x
«Volete sapere qua! è stato il grande dramma della mia vita? E che ho messo il mio genio nella mia vita, tutto quello che ho messo nelle mie opere è il mio talento.»

pubblicato su bondeno.com il 21 febbraio 2007

Il Mangialuna

Attività del Mangialuna
Data: Venerdì, 20 agosto 2004 Argomento: Teatro
La Compagnia Teatrale Mangialuna nasce come gruppo di lavoro a livello dilettantistico nel 1996. I singoli associati vantano tutti esperienze nel mondo del teatro, dell’organizzazione di manifestazioni, della realizzazione di costumi e scenografìe.
La lunga collaborazione con Fabio Mangolini, attore e regista ferrarese proveniente dalla scuola parigina “Ecole Internationale de Mimodrame de Paris Marcel Marceau”, pluripremiato in tutto il mondo per i suoi spettacoli (basti ricordare i nove premi Maria Cesares per “Si o vello Sinbad volviese as illas”), porta la Compagnia a sviluppare una determinata professionalità. Tant’è che in questi giorni estivi l’attività del Mangialuna è in pieno fermento. Dopo il successo ottenuto con le ultime repliche de “Al Canton di Stich”, di cui è stato pubblicato nei giorni scorsi l’omonimo libro, è in fase di riallestimento lo spettacolo “Lo Speziale”, un giallo post-rinascimentale che si terrà il 29 Agosto presso il parco della Casa dell’Ariosto di Stellata (Bondeno), durante la rievocazione de “La Guerra del Sale”. Mentre è in preparazione “L’è ‘na roda cla gira”, spettacolo creato appositamente per il Premio Bacchelli, che si terrà Ro Ferrarese il 18 di Settembre. Anche l’attività di realizzazione e noleggio costumi è in piena produzione, vista la crescente richiesta da parte di tutte le rievocazioni storiche, presenti in questo periodo nelle province limitrofe alla nostra. Infine, mentre il sito internet www.mangialuna.it sta per essere completato, già si pensa alla programmazione per il periodo autunnale che prevedrà la realizzazione di due dvd, di un nuovo corso di formazione teatrale aperto al pubblico, e di un nuovo spettacolo per le ristorazioni. Per prenotare il libro “Al Canton si Stich, memoria, cucina e teatro” e per qualsiasi informazione contattate Mattia Bagnolati 3283828534, oppure scrivete a mangialuna@libero.it Ancora grandi impegni per la Compagnia Teatrale Mangialuna: sabato 18 settembre sarà infatti una delle partecipanti al concorso “Premio Bacchelli” di Ro Ferrarese. Oltre una decina le compagnie teatrali partecipanti al concorso per il quale hanno dovuto eleborare progetti diversi ma tutti incentrati sul testo de “II mulino del Po”. La Compagnia Teatrale Mangialuna, forte del successo ottenuto con “Alcanton di stich”, scritto e diretto da Fabio Mangolini, si cimenterà ancora una volta in una rappresentazione in parte dialettale, portando in scena “L’è ‘na rodac’là gira”. Uno spettacolo che prende spunto dalle vicende narrate nel periodo a cavallo del 1900 quando, per un intervallarsi di buona e cattiva sorte, la famiglia contadina dei Verginesi corre in aiuto a quella dei mugnai Scacerni. Sul palco gli attori della Compagnia reciteranno con il metodo dell’improvvisazione, mentre una voce fuori campo racconterà i fatti avvenuti in quel periodo. Come colonna sonora la fisarmonica di Gianmarco Banzi accompagnerà tutte scene. Uno spettacolo divertente, ma con una moralità intrinseca che farà riflettere gli spettatori. Personaggi ed interpreti: Argia (Marcella Cattabriga), Berta (Grazia Morselli), un Verginese dall’anima corta (Ugo Bianchini), Princivalle (Mattia Bagnolati), Clapasson (Stefano Bavutti), Macchiavelli (Stefano Tassi), Orbino (Thomas Monesi), Angelino (Marco Bignardi), Luca (Gabriele Vecchi

Il “PALAZZONE” di BURANA

 Il corposo edificio fu fatto costruire dai fratelli Pinca,
imprenditori e possidenti di Scortichino. Imprenditori molto svegli
perchè appena saputo dell’imminente costruzione del ponte in muratura
sul canale di Burana nei pressi della chiesa, nel punto in cui esisteva
il solo traghettamento per portarsi sull’altra sponda, ovvero alla Cà
del Passo, ebbene qui, in territorio ancora sotto la circoscrizione di
Scortichino, in posizione strategica subito
al di là del ponte, i Pinca nel 1870 edificarono il Palazzone che
doveva contenere un’osteria, una drogheria ed altri servizi ed
abitazioni per il paese che si stava allargando, dopo la costruzione del
ponte di qualche anno prima e delle scuole edificate qualche anno dopo.
Durante i primi decenni del ‘900 l’osteria passò nelle mani della
famosa Lucia Grossi che nel primo dopoguerra si trasferì in città anche
in seguito alla tragedia che aveva visto la sparizione del proprio padre
e di altri buranesi, negli ancora caldi giorni dopo il 25 aprile della
Liberazione. Penso che fu proprio in quegli anni che subentrò Eugenio
Berlato con i figli e la moglie Ortensia nella gestione dell’osteria,
della drogheria ed in seguito dello spaccio di sali e tabacchi con
annesso davanti il piccolo distributore di carburanti. In seguito
l’osteria negli anni ’60 prese il nome di BAR JONNY BEKER, insegna
voluta dal figlio Flavio di ritorno da un “tour” negli States e Canada.
Il bar in tempi più recenti venne gestito dai Vincenzi e dai Tonini che
abitano tutt’ora gli stessi locali trasformati in residenza. Lo spaccio
di sigarette fu poi gestito dall’Aurora Frison e la drogheria dall’Egle
Govoni moglie di Flavio. Come tutti sanno ora il Palazzone non ospita
più alcuna attività commerciale ed anche molti degli appartamenti sono
inoccupati ed in vendita da tempo.

Lorenzo Berlato

I colori di Bondeno

Era
un tempo grigio; il cielo, tutto nuvolo, minacciava temporale. Dopo
colazione, stanco del viaggio, chiesi a Tassi una stanza per riposare.
Salii. Ma, prima di coricarmi, come credo sia naturale a chiunque entri
in una nuova stanza, andai alla finestra, aprii le persiane e guardai
fuori. Vidi allora uno spettacolo straordinario. Nonostante il pasto e
il vino e il tempo grigio, ogni sonnolenza, mentre guardavo estasiato,
presto dileguò. Lo spettacolo, erano semplicemente i colori delle case
che avevo di faccia, sulla piazza di Bondéno. Mi pareva che avrei potuto
continuare a guardarli senza fine: come le onde del mare, o come le
fiamme del caminetto; ma con, in meglio, la pace e la dolcezza della
loro viva immobilità.

Contro
il cielo nuvoloso, grigio scuro, nella luminosità quasi fosforescente
che precedeva lo scatenarsi del temporale, le case, basse, a due o tre
piani, appena appena irregolari, appena appena diverse l’una dall’altra
nel disegno e nella struttura, si allineavano là, davanti a me, ciascuna
con la sua delicatissima tinta, che vedevo per la prima volta: crema,
giallo paglierino, grigio chiaro, cenere, rosa, verde pisello, avorio,
avana. Dove avevo già visto simili colori? Forse nei quadri di Morandi?
Anche il disegno, modesto, semplice, rozzo, delle case; anche le
simmetrie e i larghi spazi di nudo muro tra porte e finestre,
ricordavano la nostra migliore pittura moderna, Rosai, Carrà, Semeghini.
Ma non v’era traccia, non v’era sospetto di bamboleggiamento, nei
colori delle case di Bondéno: erano toni sicuri e sommessi,

Mario Soldati, Viaggio in Emilia-Romagna, Mondadori

Formula 1

Per chi è pratico di Bondeno questa è l’uscita dal ponte di San Giovanni verso Ferrara. Da qualche tempo molti hanno preso l’abitudine di farla direttamente in corsia di sorpasso (per guadagnare qualche minuto, immagino); però, come vedete: 1) c’è un passaggio pedonale, 2) subito dopo l’ingresso della ciclabile, 3) subito dopo la macchina rossa parcheggiata, c’è l’uscita del mio passo carraio.

Il risultato è che mi ritrovo spesso qualcuno contromano, fiondato a tutta velocità, che posso vedere solo DOPO che mi ha tranciato il muso dell’ auto.

Finora mi è andata bene, ma colgo l’occasione per segnalare la cosa alle autorità competenti.